Dai “cattivi pensieri” di Valery, considerazioni sull’antinomia fondamentale dell’anima. Reportage sull’ultimo dei nostri incontri nella sede romana

di Federico Levy

Quando, durante gli incontri di Meditazione Filosofica della nostra piccola comunità di ricerca ci soffermiamo su un contenuto testuale, lo facciamo provando a capovolgere il senso abituale della lettura. L’oggetto della lettura solo apparentemente è il testo in quanto tale, poiché in realtà sappiamo come quest’ultimo chiami in causa la nostra visione del mondo e, quindi, più o meno direttamente noi stessi. Ciò che segue è un breve resoconto di alcuni temi emersi nel corso dell’ultimo incontro svoltosi a Roma. A esso si intrecciano anche alcune considerazioni sedimentate successivamente all’incontro.  Ringrazio ancora i partecipanti e colgo occasione di invitare altri apprendisti filosofi contemplativi a unirsi a noi in questo viaggio interiore che stiamo percorrendo insieme! In fondo all’articolo troverete qualche dato per i contatti.

Cattivi pensieri e anima opponibile

Pensare significa anche imparare a crescere per spaesamento. Il coraggio è dote di pochi, senza dubbio. Ancora più rara e difficile da coltivarsi quando si indirizza scientemente contronoi stessi e le nostre convinzioni più radicate e profonde.

Tutto diventa perfino scabroso quando, in questo percorso al contempo interiore e di gruppo, si sceglie di farsi accompagnare da qualcosa di più di una mirabile riflessione. Ovvero da uno dei Cattivi pensieridi Paul Valery, che con questo titolo ha scelto di caratterizzare una raccolta di suggestioni di cui fa parte quella da cui siamo partiti.

Si dice che il pollice opponibile è ciò che differenzia più nettamente l’uomo dalla scimmia. Bisogna aggiungere a questa proprietà quell’altra che abbiamo, di dividerci contro noi stessi, la nostra facoltà di produrre l’antagonismo stesso. Noi abbiamo l’anima opponibile.

Forse è consustanziale a ogni parola l’essere potenzialmente custode di una provocazione.

Creazione e vitalità nell’essere contro

Di sicuro, il potenziale corrosivo di quelle scelte dallo scrittore francese è stato vivacemente accolto dalla nostra piccola comunità filosofica.

D’altronde l’analogia con il “pollice opponibile”, caposaldo dei teorici dell’antropologia storica, non può ingannarci. L’antagonismo è innanzitutto principio di evoluzione; ed è un prodotto specificamente umano. Il pollice divide la mano in due parti distinte eppure coordinate, capaci perciò di aprirsi e chiudersi, di afferrare e lanciare. L’anima sembra porsi produttivamente a contatto con l’esistenza a partire da principi fondamentali di divisione e opposizione.

Né si è mancato di riconoscere come la «direzione ostinata e contraria»(in opposizione tanto alla società quanto a se stessi) sia principio e ragion d’essere delle molteplici forme progettuali che dànno senso al nostro essere umani.

Nella sfera produttiva della creatività artistica, intanto. Visto che spesso le antinomie esistenziali e percettive che abitano la mente dell’artista forniscono spunto per la dialettica propria della poiesis. Ma anche nel ragionamento etico morale.

Alle soglie degli abissi

È forse proprio perché siamo intrinsecamente divisibili secondo gli assi coscienziali che separano il giusto dallo sbagliato che diveniamo in grado di riconoscere la nostra stessa giustizia e ingiustizia. Non vi sarebbero dilemma e incertezza senza l’opponibilità dell’anima. E neppure azione e creazione progettuale. Mancherebbe, per l’uomo, la vita stessa nella sua spinta evolutiva sociale e individuale.

Una facoltà, tuttavia, di cui non è veramente chiaro comevalutare l’appropriatezza se non a partire dalla complessa contraddittorietà dei suoi effetti.

Ci si è chiesti, infatti: quali forme può assumere l’antagonismo proprio dell’anima?

La divisione interiore può infatti essere intesa sia come tensione positiva verso il miglioramento e la cura di sé sia nel suo capovolgimento negativo. L’essere umano, infatti, poiché intrinsecamente capace di dividersi interiormente è anche capace di menzogna. Fino a ingannare se stesso per mezzo di meccanismi di auto sabotaggio subdoli e difficilmente controllabili dalla coscienza egemone.

Lo scambio critico con la realtà

Divenire contemporaneamente vittime e carnefici di se stessi attraverso l’inganno e la dissimulazione. Un’esperienza evidentemente riscontrabile, che gli psicoterapeuti conoscono molto bene.

Tuttavia la situazione rimane veramente paradossale. Da un lato, infatti, l’essere umano è quell’animale capace di porsi così tanto in contraddizione con se stesso da arrivare a perdere un contatto solido e veritiero con la stessa realtà che lo circonda, perdendosi nella follia. Dall’altro, però, come i greci sapevano fin dai tempi di Eraclito, follia è invece giusto il chiudersi nel proprio mondo per evitare ogni confronto con quello esterno che ci mette ininterrottamente in discussione. L’alterità ci interroga e destabilizza di continuo e, tanto di più quanto più stiamo in gruppo, induce quindi alla divisione e perfino al conflitto interiore. Nondimeno questa non è follia, bensì scambio critico con la realtà. Che è anche alla base della politica.

Sempre l’anima opponibile ne è principio e ragion d’essere?

Dall’anima bella all’anima opponibile?

Di fronte al disagio dilagante della nostra civiltà c’è più di una ragione a giustificare un risoluto desiderio di volgersi diligentemente in direzione della salute. Cercando, in questo modo, ostinatamente di “voler stare bene”.

E infatti, quanta “realtà” è possibile sopportare senza soccombere? Quanta negatività è “doveroso” sopportare senza abbandonare i nostri propositi di coraggio? Un desiderio romantico e politico di “essere contro” un mondo a cui si sente di non poter appartenere fino in fondo. Testimoni di una direzione ostinata e contraria che resiste al flusso della società, che ne sfida le regole impersonali e alienanti.

Voler stare bene non implica se non altro l’essere antagonisti del proprio stare male? Dividersi dentro, proprio in nome della propria integrità?

E come, allora, divenire in grado di interrogare veramente se stessi, scoprire le battaglie interiori che attraversandoci ci rendono veramente uomini?

L’anima avventurosa

Aneliamo a una quiete interiore difficile da raggiungere, e forse intrinsecamente impossibile: quella di un’anima eternamente in pace con se stessa. All’anima bella priva di ostacoli potremmo allora contrapporre l’idea di un’anima forse meno angelica ma certamente più realistica e avventurosa. L’anima opponibile: quella che accetta il detto di Eraclito per il quale «la giustizia è contesa»anche dentro di noi.

Se siete interessati a unirvi al nostro gruppo di ricerca e meditazione, potete contattarci all’indirizzo info@eudaimoniastudio.it. O, per quanti risiedono a Roma e dintorni, raggiungerci direttamente nel nostro studio di vicolo della vignetta, 17 ad Albano Laziale.

 

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