Dimmi cosa e come ti spaventa e ti dirò chi sei. Come imparare dalle nostre paure facendo chiarezza con la Consulenza Filosofica.

di Francesca Guercio

Un’invasione di cavallette che ha appena devastato il Corno d’Africa si sta rapidamente spostando verso il Golfo Persico. E il governo cinese sta per inviare in Pakistan centomila anatre – note divoratrici di ortotteri –  per arginarne l’ormai prossimo assalto ai territori della provincia di Xinjiang.

Intanto, il cataclisma ecologico in atto favorisce il proliferare di batteri, funghi e ogni tipo di insetti. Con inopinate recrudescenze di malaria, malattia di Lyme e febbre del Nilo. In Antartide le temperature hanno superato i 18° e lo scioglimento dei ghiacci risveglierà virus della veneranda età di 15 mila anni. Sconosciuti e con ogni probabilità difficilmente curabili nel mondo contemporaneo. Come ancora sconosciute, nelle ricadute immediate e future, sono le conseguenze di una pandemia la cui notizia attualmente spopola tra i media e sui social. Quella del coronavirus. Occasioni, tutte, certamente capaci di far perno sulla fragilità della condizione umana tanto da suscitare paure collettive.

Se è minata la sopravvivenza

Senza contare le guerre in corso in Medio Oriente, in Africa, nel Sud e Sud-Est asiatico. Con cifre inestimabili di morti e di vivi che ogni ora vedono in pericolo la semplice sussistenza.

Colpisce, ascoltando conversazioni e leggendo commenti sulle varie piattaforme di comunicazione l’attitudine di alcuni a richiamare l’attenzione su una o l’altra delle calamità appena enumerate. Spesso a discapito delle restanti. Pretendendo di stilare una sorta di scala inoppugnabile dei fatti degni di panico – dal più grave al più veniale – e di difenderla secondo criteri logico-razionali.

Eppure poche cose sembrerebbero estranee al dominio della razionalità quali le emozioni, di cui la paura è, peraltro, tra le più intense e difficilmente controllabili. Come sperimentiamo ogni giorno di fronte a ordinarie paure private. Turbolenze in aereo, attraversamento di quartieri malfamati, rischi di licenziamento o livelli scarsi di sicurezza sul lavoro, esami universitari, incidenti stradali, interventi chirurgici…

Timor magister vitae

Più che redigere arbitrari compendii delle circostanze spaventevoli risulterà allora davvero utile spostare l’attenzione da esse verso le attivazioni che innescano nel nostro animo. Scopriremo in tal modo che ogni forma, ogni sostanza e ogni qualità di questa emozione primordiale può insegnarci qualcosa di noi stessi. Timor magister vitae, verrebbe da ironizzare parafrasando Cicerone. Almeno della vita personale di ciascuno di noi, se prestiamo ascolto senza pregiudizi.

Riconosciamo, intanto la forma primaria di questa emozione. Quella propria del genere animale, anche nella versione homo sapiens. Che ci dispone alla fuga o alla lotta davanti a una minaccia immediata e ha la funzione di garantirci la sopravvivenza.

Esiste, poi, una forma di paura altrettanto diffusa e più sofisticata. Quella che proviamo nei confronti di un evento dall’esito dubbio. E che può trasformarsi in gioia o in dolore non appena l’incertezza si trasformi in un dato sicuro, a noi favorevole o sfavorevole.

Comprendere la paura

Quest’ultima edizione, pervasiva nella collettività umana, è particolarmente idonea ad ammaestrarci. Comprendere la paura significa fare luce nell’oscurità che è, a sua volta, generatrice d’insicurezza e smarrimento! Ed è un’attività di chiarificazione esistenziale che può proficuamente essere condotta con la guida di un consulente filosofico.

Dall’ellenismo alla contemporaneità la storia della filosofia fornisce spunti e linguaggi doviziosi tra i quali rivenire quello meglio armonizzabile con la propria ricerca della serenità. A partire da un appello alla vigilanza di sé a all’autoanalisi. Giacché, come sostiene Seneca nelle Lettere a Lucilio – prodighe di riflessioni sul tema in oggetto – «le paure infondate» incutono perfino «più turbamento».

Quelle fondate hanno un loro limite: tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell’arbitrio di un animo intimorito. Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico; le altre forme di paura derivano dall’assenza di ragionamento, questa dall’assenza di senno.

Le paure ci spiegano chi siamo

È più lecito provare paura per l’inquinamento globale o per un colloquio professionale al quale affidiamo il nostro sostentamento? Per il diffondersi di un morbo altamente contagioso del quale abbiamo sentito parlare i giornalisti o per un esame clinico prescrittoci con urgenza?

Sorridendo della mia tendenza all’ipocondria il mio medico mi rammenta spesso che l’unica vera causa di morte tra i viventi è la contingenza d’esser nati. Dunque perché molti di noi sarebbero d’accordo con Woody Allen che in Harry a pezzi fa dire al protagonista: «Le parole più belle del mondo non sono “Ti amo” ma… “È benigno”»?

Al di là di ogni valutazione etica, interrogare le nostre paure e osservare il modo con cui ci muovono significa chiedere loro di spiegarci chi siamo.

A volte temiamo per un pericolo incipiente, un terremoto, una minaccia di morte, l’imprevista avaria di un motore davanti al quale ci sentiamo senza scampo.

Paure: un breve elenco

A volte avvertiamo una paura indistinta e perfino ingiustificabile ma tale mantenerci in uno stato d’allerta persistente che genera ansia. Alcuni si preoccupano per la previsione di un fallimento davanti a una prova. Magari un’interrogazione per la quale continuano a studiare senza sentirsi mai abbastanza preparati da affrontarla. Altri sono in continua apprensione per le persone che amano. Alcuni sono terrorizzati dal parlare in pubblico e si chiudono in timidezze invalidanti, altri rinvengono nel brivido del vuoto il carburante per lanciarsi col paracadute.

Ci sono poi le paure legate alla perdita dei possessi materiali, dal danaro alla vita stessa. Cose transeunte per natura e capaci, quindi, di scatenare le sofferenze più atroci perché né abilità e sapienza né formule magiche possono garantircele in eterno.

Si tratta di vincoli “spaventosi”, è il caso di dirlo, dai quali non soltanto le masse contemporanee asservite all’egemonia capitalista sono irretite.

Epicuro, Nietzsche e la fragilità umana

Al riguardo, infatti, la letteratura filosofica dalle origini a oggi gronda moniti, suggerimenti, appelli, prescrizioni e rimedi.

Tra tutti, il tetrafarmaco di Epicuro ha attraversato i secoli per indicare che la via della saggezza consiste nel non temere gli dei, la morte e il dolore. Coltivando un piacere inteso come assenza di turbamento e di desiderio e non come accumulo e godimento di beni accidentali. Antidoto per «infelici, malfattori, ipocondriaci, morenti», come scriveva Nietzsche non senza una buona dose di sarcasmo.

E tuttavia nel medesimo testo – Il viandante e la sua ombra – Nietzsche indica la causa principale di tutte le infermità fisiche e spirituali dei singoli. L’ignoranza forzosa e presuntuosa nei confronti di ciò che è piccolo e ordinario nelle nostre vite. Per l’ambizione di indirizzare artificiosamente tutta la ragionevolezza umana verso la salvezza dell’anima, il progresso della scienza, i doveri pubblici o la ricchezza.

La paura come indicatore di senso

Il filosofo dell’oltreuomo, alle prese con quella che chiama «fragilità terrena» invita a misurarsi con le «necessità grandi o piccole entro le ventiquattro ore del giorno». Se ci pensiamo viandanti di un’esistenza in continuo mutare, l’ombra necessaria alla nostra luce si chiamerà a volte “paure”.

È un modo per curare la persona, l’uomo interiore piuttosto che la malattia.

Rubo un po’ proditoriamente la metafora a Edward Bach, che la utilizza con riferimento alle malattie fisiche nel corso di una conferenza divenuta nota. L’intervento, intitolato Voi soffrite a causa vostra, pronunciato nel febbraio del 1931, è stato pubblicato in una raccolta dedicata ai suoi celebri “fiori”.

Mi piace concludere quest’invito a non considerare le paure nemici da fronteggiare o come elementi di un’evidente tassonomia, riferendone un lungo passo significativo. Pubbliche o private che siano, se ci assalgono, ci coinvolgono, ci paralizzano, ci sfidano o ci spingono alla lotta esse sono importanti indicatori di senso.

Il perfetto coraggio

Imparare a leggerle con l’aiuto della consulenza filosofica consente di accedere a una parte della costituzione della nostra anima profonda e spesso sconosciuta o trascurata. Capace, se svelata, di offrirci nuove possibilità d’esistenza più vitali e salubri.

Ecco, allora Bach.

ci accorgiamo che la vera guarigione può essere ottenuta […] solamente con la luce che prende il posto del buio […] È vero che l’odio può essere superato da un odio più grande, ma può essere curato solo dall’amore; la crudeltà può essere ostacolata da una crudeltà più grande, ma è eliminata solamente quando si sono sviluppate le qualità di simpatia e compassione; una paura può essere sconfitta e dimenticata in presenza di una paura più grande, ma la vera cura di ogni paura è il perfetto coraggio.

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